Giampiero Fiorani.
Le sue specialità sono lo shopping e i debiti. Fa debiti per fare
shopping, e facendo shopping fa altri debiti. E' il banchiere
più rampante e chiacchierato del momento. Non solo per la scalata
dell'Antonveneta, sponsorizzata dall'amico Antonio Fazio che sventola
il tricolore contro i presunti "invasori" olandesi dell'Abn Amro.
Ma anche per le svariate inchieste per bancarotta fraudolenta
- Cirio, Parmalat, Hdc - in cui è rimasto impigliato: uno dei
destinatari della tentata e sventata legge salvacrac era lui.
Gianpiero Fiorani, amministratore delegato della Banca Popolare
di Lodi, è l'emblema della nuova finanza italiana, o all'italiana.
Quella che pontifica di mercato e concorrenza, ma poi si rifugia
sotto il paracqua della politica e delle parrocchie. In pochi
anni s'è gonfiato come la rana della fiaba. E c'è chi giura che
sia lì lì per scoppiare. Che la crescita tumultuosa di Bpl (attivi
sestuplicati in 7 anni) sia costruita sulla sabbia. E che, se
l'affare Antonveneta finisse male, i nodi verrebbero al pettine.
A cominciare dalla montagna di debiti che qualcuno calcola in
9.4 miliardi (1.1 volte i depositi dei clienti).
Il ragionier Fiorani, da poco diplomato, entra in banca nel 1978.
E' cattolico, ma soprattutto democristiano. Infatti è un Dc doc,
il patron della Popolare di Lodi Carlo Cantamessi, ad aprirgli
le porte della banca e a promuoverlo direttore di filiale. La
laurea in Scienze Politiche Fiorani la prenderà solo a fine anni
90. Intanto fa carriera gestendo un bel po' di dossier ad alto
rischio: ristruttura il gruppo in Sicilia (dove ha inglobato ben
cinque banche), entra nella Banca Rasini (che poi si fonderà con
Bpl), acquista la Mercantile dal gruppo Fondiaria. Essendo una
banca popolare, la Lodi dovrebbe rispettare rigidi limiti al possesso
azionario. Ma il Ragioniere li aggira comprandosi l'Iccri, Istituto
Centrale Casse di Risparmio, ribattezzato Banca federale europea
e poi Reti bancarie. E' tramite la nuova holding che Fiorani avvia
lo shopping, finanziato con un tourbillon di aumenti di capitale.
Compra piccole banche decotte, le risana, le rilancia. Intanto
Bpl ingrassa: oggi è fra i primi 10 istituti d'Italia. E nel '97,
quando muore Angelo Mazza, l'ultimo patron della Bpl, Fiorani
diventa un uomo solo al comando. Il primo stop arriva con la scalata
della Popolare di Crema, un capolavoro di non trasparenza: tutto
in Svizzera, a colpi di società off-shore. Arrivano gl'ispettori
della Consob di Luigi Spaventa, i giudici indagano per falso in
bilancio e uso di informazioni riservate. Ma finisce tutto in
archivio, salvo una modesta oblazione. Ormai Fiorani è sotto l'ala
protettiva di Antonio Fazio, il cattolicissimo governatore di
Bankitalia che nel 1991, nel 1999 e nel 2001 gli ha mandato gl'ispettori.
Il Ragioniere diventa amico della moglie e offre uno stage alla
Bpl al figlio e al genero del governatore. In più si guadagna
l'eterna gratitudine di Santa Madre Chiesa firmando un accordo
con la Cei di Ruini per sponsorizzarne le iniziative culturali
e finanziare la ristrutturazione delle parrocchie.
Col Cavaliere, tutto liscio: il papà Luigi Berlusconi lavorò per
una vita nella Rasini, indicata da Sindona come la banca del riciclaggio
della mafia a Milano, poi assorbita dalla Bpl che custodisce le
carte di tutte le operazioni riservate; Ennio Doris di Mediolanum
è un ottimo alleato di Bpl; e Paolo Berlusconi ha avuto da Bpl
i 50 miliardi di lire necessari per evitare il carcere nel processo
per la discarica di Cerro. Ma la Lega Nord non ama la finanza
cattolica: minaccia di votare per il mandato a termine di Fazio.
Il Ragioniere provvede subito: salva la banca padana Credieuronord
dal crac che rischia di trascinare in tribunale un bel po' di
papaveri leghisti e sul marciapiede tremila azionisti in camicia
verde. Da quel momento la Padania comincia a elogiare il Governatore.
Che conserva la poltrona a vita.
Poi c'è la sinistra: anche lì, ottimi sponsor. Nell'arrampicata
dell'Antonveneta, Fiorani ha due sherpa d'eccezione: la Hopa di
Chicco Gnutti, già "capitano coraggioso" di D'Alema nell'affare
Telecom; e l'Unipol di Giovanni Consorte, la potentissima assicurazione
delle coop. Tutti soci di Bpl, insieme a Barilla, Colaninno, Emilio
Riva (quello degli acciai) e i palazzinari romani al seguito di
Stefano Ricucci. Ma la banca padovana è un boccone troppo appetitoso
per non portare inimicizie: il Ragioniere si gioca i rapporti
con Cesare Geronzi di Capitalia, l'altro pupillo di Fazio; e incontra
sulla sua strada un osso duro come Guido Rossi, consulente degli
olandesi. Che denunciano Bpl alla Procura di Milano. L'ennesimo
guaio giudiziario. Ma il Ragioniere è abituato. Già qualche anno
fa, diceva di sè: "Non finirò all'inferno, ma mille anni in Purgatorio
sono probabili". E lui, anche nell'Aldilà, ha le sue brave aderenze.
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Marco Travaglio
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