Dicesi opposizione qualcosa che si oppone.
Si può dunque chiamare opposizione il centrosinistra che da
quattro anni e mezzo siede nel Parlamento italiano insieme alla
maggioranza di Silvio Berlusconi?
La risposta, per comodità, l'anticipiamo subito: no.
Lasciamo da parte le parole, le denunce e i proclami, che non
mancano mai. Guardiamo machiavellicamente ai fatti. Quante volte,
dal 2001 a oggi, l'opposizione è riuscita a mettere davvero
in difficoltà il governo sulle scelte importanti? Mai. Quante
volte ci ha davvero provato? Raramente. E quando ci ha davvero
provato? In una sola occasione, molto recente: la legge elettorale
proporzionale, con cui il Cavaliere ha modificato le regole
del gioco della partita in zona Cesarini. "Bloccheremo il Parlamento"
hanno annunciato, quasi stupiti di se stessi, i leader dell'Unione.
Dopo quattro anni di leggi vergogna, ad personam, incostituzionali,
quando si decide di "bloccare il Parlamento" con un vero e strenuo
ostruzionismo e si organizza addirittura una manifestazione
di piazza? Quando ci sono di mezzo i voti. Quando invece c'erano
di mezzo i valori, come la libertà d'informazione, la giustizia,
la pace, i diritti dei lavoratori, l'ambiente, nulla di tutto
questo: "moderare i toni", "non demonizzare", "attenti alla
piazza".
Poco da stupirsi, allora, se in piazza contro la proporzionale
arrivano 60 mila persone, certamente meno delle 100 mila (comunque
poche) decantate dagli organizzatori.
Il 21 marzo 2002, al Circo Massimo con la Cgil di Sergio Cofferati
contro la riforma dell'articolo 18, erano in tre milioni.
Il 14 settembre 2002, in piazza San Giovanni con i girotondi
contro la legge Cirami, più di un milione.
Ma allora i partiti della cosiddetta opposizione subivano, non
gradivano, spaccavano il capello in quattro sul "boomerang della
piazza".
Poi ci sono scesi anche loro, ma solo quando gli rubavano i
voti.
E, almeno a sentirli parlare, sono pronti a rifarlo se gli ruberanno
qualche poltrona in tv: a ogni minaccia berlusconiana di abolire
la par condicio, annunciano "guerra totale". Cosa importante,
la par condicio in campagna elettorale. Ma forse un po' meno
della libertà d'informazione. Che non si calcola dal numero
di poltrone riservate in tv ai politici di sinistra. Ma dal
numero di notizie vere e di giornalisti liberi.
Tornando alle leggi, l'obiezione è nota: con 100 voti in più
alla Camera, la maggioranza può fare il bello e il cattivo tempo.
Non è vero neanche questo. Perchè la Casa delle Libertà s'è
rivelata un casino. Divisa, dispettosa e assenteista, fuorchè
per le leggi che stanno a cuore al premier e ai suoi cari. Ma
l'iter delle leggi, anche di quelle su misura, è lungo. C'è
ad esempio un passaggio iniziale sempre decisivo: la pregiudiziale
di costituzionalità. Se non passa quello, la legge è morta per
sempre. E in quella sede i tassi di assenteismo sono altissimi.
Basta che l'opposizione si presenti in forze a votare, ed è
fatta. Ma non accade quasi mai. Come ha dimostrato Fabio Luppino
su Micromega, se tutte le leggi peggiori hanno superato lo scoglio
della costituzionalità è perchè mezza opposizione non c'era.
Alla Camera il centrosinistra parte da 263 deputati (ultimamente
saliti di una trentina per le numerose transumanze). Bene, anzi
male.
Nel 2001, sul ddl Sirchia, la Cdl ha solo 247 sì, ma l'"opposizione"
solo 185 no.
Nel 2002, sulla controriforma del Csm, finisce 220 a 151 e sullo
scudo fiscale (rientro dei capitali sporchi) 233 a 149.
Nel 2003, per la legge Moratti, 232 a 170 e per la Frattini
sul conflitto d'interessi 241 a 215.
Il 3 febbraio 2004, dopo una battaglia campale e una prima bocciatura
del Quirinale, si vota sulla costituzionalità della Gasparri:
40 franchi tiratori della Cdl impallinano la legge. Che però
si salva grazie alle provvidenziali assenze di 30 "oppositori":
5 segretari (Bertinotti, Boselli, Diliberto, Mastella e Pecoraro
Scanio), 7 ds, 6 margheriti e quasi tutti i mastelliani.
Il governo la spunta per 2 voti: con altri tre deputati di sinistra,
della Gasparri non si sarebbe parlato mai più.
In paesi come gli Usa e l'Inghilterra, dove le opposizioni usano
ferocemente l'ostruzionismo (filibustering) per inchiodare i
governi, i capigruppo che non riescono nemmeno a portare in
aula le loro truppe vengono cacciati al primo bagno.
In Italia, per dire, il capogruppo Ds Luciano Violante nel settembre
2001 chiese addirittura la "procedura d'urgenza" per la controriforma
del falso in bilancio. La maggioranza che non credeva ai suoi
occhi ma non chiedeva di meglio, si associò. E nel giro di pochi
giorni cancellò quattro processi al premier con una legge che
l'Economist definì "una vergogna persino per una repubblica
delle banane". Il direttore della prestigiosa rivista inglese,
Bill Emmott, sostiene che "Berlusconi è un prodotto dell'opposizione".
E viceversa.
|