Marco Travaglio, giornalista di Repubblica, ha ricevuto un
atto di pignoramento del suo stipendio dal Tribunale civile
di Roma, che l'ha condannato in primo grado a pagare 79 milioni
a Cesare Previti per un articolo del ' 95 sull'Indipendente.
"La vicenda - dice Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi
- ripropone la drammatica situazione di decine di giornalisti
denunciati in sede civile e spesso non tutelati dagli editori.
Per Travaglio, l' Indipendente cessò le pubblicazioni poco dopo".
Serventi chiede un incontro urgente con il ministro Diliberto
per "una legislazione meno intimidatoria", e invita gli editori
ad adoperarsi "per stipulare polizze assicurative per giornalisti".
Di che cosa sono colpevole? Di aver gravemente diffamato Previti,
scrivendo la pura e semplice verità: cioè che l'indagato Previti
era indagato. Il 24 novembre '95 esce sull' "Indipendente" un
mio articolo sui rapporti e le amicizie di Craxi e Berlusconi
negli anni 80. Previti compare una sola volta, in una lista
di amici dei due amici, "futuri clienti di procure e tribunali".
In quel momento, infatti, come scrivono tutti i giornali, Previti
è sotto inchiesta a Brescia per il presunto complotto anti-Di
Pietro. Mi cita in giudizio nel gennaio '96. Non una querela
per diffamazione con ampia facoltà di prova, ma una bella causa
civile, cioè un processo dove non esiste accertamento della
verità, né sospensione dell'esecutività della sentenze fino
al terzo grado, né "giusto processo".
In caso di condanna, prima paghi, poi eventualmente fai appello
e recuperi. In più, per ragioni lunghe da spiegare, non vengono
prodotti né la rassegna stampa che avevo predisposto (Cesare
Previti nel frattempo viene rinviato a giudizio, processato
e assolto a Brescia), né il registro degli indagati dove il
suo nome era iscritto dal 29 settembre '95. Risultato: il giudice,
il 30 giugno, mi condanna. Motivazione: "Il contenuto diffamatorio
si ravvisa... nell'aver accostato l'attore (Previti) a una serie
di personaggi colpevoli di aver tenuto condotte gravemente criminose...
e nell'averlo qualificato "futuro cliente di procure e tribunali".
Ciò in un periodo in cui nessuna indagine era stata aperta nei
confronti dell'on. Previti... Non può conseguentemente essere
invocata l'esimente del diritto di cronaca".
La sentenza arriva per Natale, in busta verde, unita all'"atto
di precetto" con cui Previti mi invita gentilmente a scucire
i 79 milioni e rotti entro dieci giorni. Da un fulmineo controllo,
scopro che quando uscì l'articolo l' "attore" era pure indagato
a Milano (dal 6 settembre '95, per le accuse della Ariosto sulle
tangenti ai giudici). Oggi, poi, è cliente anche delle Procure
di Roma e Perugia. E al danno si aggiunge la beffa: su suggerimento
di Giuliano Ferrara, Previti mi offre uno sconto di 30 milioni,
a patto che io "faccia pubblica ammenda". Per aver scritto la
verità? Faccio appello, non ammenda. E spero che, intanto, il
Tribunale sospenda l'esecutorietà della sentenza. Nell'attesa
comincio a pagargli il vitalizio: un pezzo di stipendio al mese.
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