Adesso si aprono le cateratte e viene giù la piena. Se prima
delle regionali i cani da trifola col fiuto più sottile avevano
annusato la catastrofe e s´erano portati avanti col lavoro,
bussando alle porte dell´Unione, ora, dopo Caporetto, arriva
l´esercito in rotta.
A Milano (anzi ad Arcore) l´incubo azzurro era cominciato undici
anni fa, e a Milano inizia la grande fuga da destra verso sinistra,
nella migliore tradizione del trasformismo all´italiana, che
oggi - col cambio di qualche lettera - si chiama riformismo.
Gli apripista li conosciamo. Roberto Caputo, ex socialista,
vice coordinatore milanese di Forza Italia, era dato già la
scorsa settimana come acquisito dalla Margherita insieme a un
altro forzista di scuola Psi, il consigliere provinciale Pietro
Accame.
Il fatto stupefacente di queste prove tecniche di transumanza
è che - come riferiscono le cronache - i due forzisti erano
«da tempo corteggiati dai Ds e dalla Margherita, oltrechè dall´Udc».
Strano che un fedelissimo di colui che divide l´Italia fra il
Bene e il Male possa diventare appetibile sia per il fronte
del Bene sia per quello del Male. Intercambiabile, prontouso,
multicolor.
Su questo caso di ermafroditismo politico con salto sul carro
del (probabile) vincitore sarà bene riflettere subito, anche
perché nei prossimi mesi è destinato a ripetersi e a moltiplicarsi.
Ma soprattutto per un´altra ragione.
Prove tecniche di transumanza
Chi sgomita per saltar giù dalla barca che affonda, di solito,
non è un Cavour: è un ometto che teme di andare a casa e va
in cerca di nuove poltrone e strapuntini.
È vero che i voltagabbana possono vantare un padre nobile come
Talleyrand, passato disinvoltamente dalla Rivoluzione alla Restaurazione,
ma sono passati due secoli. E in quest´Italia, in questo centrodestra,
non s´intravedono grandi statisti dai quali non si possa prescindere.
Ecco: oltre al pericolo di sedersi sugli allori regionali e
dare per vinte le elezioni del 2006, sul centrosinistra incombe
un altro rischio mortale: quello di sottovalutare i propri elettori.
Essi sono, sì, di bocca buona: altrimenti non avrebbero votato
con tanto entusiasmo leader così poco entusiasmanti (per dirla
con Daniele Luttazzi, «gli elettori dell´Ulivo sono già al traguardo
da un pezzo: aspettano i leader»). Ma non bisogna esagerare.
L´idea che adesso, pur di togliersi dai piedi Berlusconi, accoglieranno
a braccia aperte tutti i berluschini in fuga, pare un po´ azzardata.
Meglio non metterli alla prova. Anche perchè ci vuole lo stomaco
di ghisa per digerire gente che, per quanto si travesta da "riformista",
è rimasta per dieci anni senza una smorfia di disgusto sul carro
di Berlusconi, ha approvato senza batter ciglio le porcherie
più indicibili e fino all´altroieri insultava i magistrati e
gli oppositori picconando tutto il picconabile, dalla Costituzione
al codice penale, dall´unità d´Italia alla Resistenza, dalla
scuola alla Scala.
Quando arrivarono Paolo Cirino Pomicino e Sergio D´Antoni, che
hanno un fiuto da rabdomanti e infatti saltarono il fosso già
l´anno scorso, nella penisola non si segnalarono scene di giubilo.
Anzi, molti decisero di starsene a casa, o si trascinarono alle
urne col naso e gli altri orifizi tappati. «Ma quelli portano
voti», è l´obiezione dei professionisti della politica. Ammesso
e non concesso che sia vero, nessuno calcola mai quanti voti
costoro fanno perdere o non fanno guadagnare o relegano nell´astensionismo.
Ora i Pomicini, i D´Antoni, i Caputo rischiano di diventare
legione. Sarebbe forse il caso di fissare un termine ultimo
per i salti della quaglia. Una scadenza, "entro e non oltre".
Dopodichè rien ne va plus, l´Arca di Noè è al completo. Come
si dice all´inizio dei conclavi: "extra omnes", tutti fuori.
E se qualcuno obietta che niente è peggio della destra berlusconiana,
ditegli che non è vero: sarebbe molto peggio una sinistra berlusconiana.
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