Roma - La teste Omega, bionda e sottile, si aggira nella
sala del Teatro Vittoria non lesinando baci e abbracci. Stringe
forte forte Oscar Luigi Scalfaro, le cui parole, cinguetta,
«sono musica per le mie orecchie». Offre la guancia ad Antonio
Di Pietro che le si avvicina sorridendo e chiamandola «Stefania,
Stefania». Quindi torna a sedersi in platea mentre qualche giornalista,
curioso, domanda: «Non è la Ariosto, quella che ha testimoniato
contro Previti?». Sì, è proprio lei, i girotondini, però, non
si stupiscono: la sua è una presenza abituale alle loro manifestazioni.
E perfettamente in tono con l'ambiente. Già, perché sembra riaffacciarsi
in quella sala (piena, ma non strapiena) lo spirito che animò
la sinistra negli anni di Mani pulite. Accade così che le star
girotondine di quest'ultimo periodo restino un po' in ombra
in questa prima giornata, o che un personaggio come Rosy Bindi,
che finora era sempre tra le più acclamate, subisca contestazioni
anche dure per il suo «sì» alla legge sulla fecondazione artificiale.
I riflettori sono puntati su chi ha fatto della giustizia il
proprio mestiere. Nanni Moretti invece si infila nella sala
quatto quatto, si confonde con la poltrona, sta lì due orette,
quindi si dilegua. Sabina Guzzanti dovrebbe parlare, ha alcuni
fogli scritti, il suo intervento è stato annunciato dal palco,
ma anche lei a un certo punto sguscia via. Passa una mezz'oretta
da quando l'attrice si eclissa, che ecco comincia a parlare
Marco Travaglio, giornalista giudiziario. Per lui una standing
ovation. E in mattinata stesso trionfo per Oscar Luigi Scalfaro,
che la presentatrice, sul palco, continua a chiamare «il "nostro"
presidente», e per chi non avesse capito il motivo di tanta
insistenza aggiunge: «Lui non avremmo dovuto tirarlo per la
giacchetta».
Sarà pure un caso (ma le coincidenze fortuite hanno un significato
in politica), però anche Scalfaro è un ex magistrato, oltre
che un politico che spesso ha polemizzato con Berlusconi proprio
sulla giustizia. E poi c'è lui, l'ex pubblico ministero per
antonomasia: Tonino Di Pietro. Dal palco non parla, però di
lui lassù si parla, eccome. E il suo intervento è atteso per
oggi.
Ma è il discorso di Travaglio quello che dà il segno della giornata.
Batte le mani la platea (la cui età media si attesta tra i cinquanta
e i sessanta) quando Travaglio dice: «Davvero secondo voi Mani
pulite non c'entra niente con quanto sta avvenendo ora nell'Ulivo
a proposito della lista unitaria?». Le ribatte non appena il
giornalista ricorda sarcastico i tempi del governo D'Alema:
«Sono entrati a Palazzo Chigi con le pezze al... e ne sono usciti
ricchi». Poi il bersaglio diventa Piero Fassino, segretario
di quella Quercia che sicuramente è stata votata da almeno metà
della platea. «Due anni fa - ricorda il giornalista -, quando
era Guardasigilli disse che si dovevano depenalizzare i reati
finanziari per lasciare in carcere chi commetteva crimini e
comprometteva più seriamente l'ordine pubblico. Ora mi chiedo:
che cosa desta più allarme sociale, il crac Parmalat che ha
colpito centinaia di risparmiatori o uno scippo?». I girotondini
continuano a battere le mani.
Insomma, l'aria che si respira al Teatro Vittoria nella prima
giornata della manifestazione è questa. Si riaffaccia una parte
del popolo di Mani pulite, ma stavolta non si chiede conto solo
a Berlusconi, bensì anche al centrosinistra dei comportamenti
avuti fin qui e delle mosse future. La giustizia è il cemento
che unisce tutti: quelli che vorrebbero tentare l'avventura
con una lista in proprio e coloro che si acconcerebbero con
il triciclo. Qui raccontano di dissapori tra Paolo Flores d'Arcais
e Nanni Moretti, tra Nanni Moretti e Antonio Di Pietro, e parlano
di altre divisioni ancora, ma il collante giustizia resiste.
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