Sul l'Unità di domenica 18 gennaio
Marco Travaglio risponde con pacatezza, equilibrio e con gli
argomenti noti e documentati in decine di libri e centinaia
di interventi giornalistici alle accuse, minacce di querele,
scomuniche che gli sono piovute addosso dal mondo politico diessino
e dalla redazione della testata a cui collabora, in perfetta
sincronia e sintonia (guarda caso) con il trattamento sarcastico
e fustigatorio che gli ha riservato una vasta area giornalistica
che va da Il Foglio al Corriere della Sera.
Qualcosa di analogo per dimensioni, trasversalità e virulenza
si era verificato ai tempi indimenticabili della bicamerale
, quando Gherardo Colombo, fondandosi su di un'analisi storico-sociologica
espressa almeno in una decina di precedenti occasioni, e per
iscritto, aveva fatto riferimento alla "società del ricatto".
I "casi" scoppiano quando i tempi politici lo richiedono.
E' curioso, ma ancor più interessante che a motivare la presa
di posizione molto dura del comitato di redazione del l'Unità
siano state le parole di Travaglio riportate da Il Foglio riferite
a Cascella e Cuperlo del tenore "erano lì [a palazzo Chigi],
sanno benissimo come sono andate le cose ci aiutino a ricordare".
Al Foglio Marco Travaglio non ha concesso alcuna intervista,
né è intervenuto con un articolo: la testata ha semplicemente
e liberamente accostato dichiarazioni o commenti per cucire
un pezzo "Avevano le pezze al.." finalizzato ad attaccare ed
irridere quello che viene affettuosamente definito "il giudice
Travaglio",. "il giornalista 'prestato ai movimenti'",."il puro
che epura",. "paladin Travaglio", e ancora ".all' Unità dove
Travaglio quotidianamente questionmoraleggia, archivio, (e standard
etico e anche manette) alla mano".
Un pezzo che dopo aver riportato i passaggi salienti dell'intervento
incriminato di sabato al teatro Vittoria, quello della standing
ovation, finisce non casualmente con il giudizio lapidario,
smentito da ogni riscontro obiettivo, di Livia Turco "E' la
faziosità di quelli come Travaglio che aveva fatto vincere le
elezioni a Berlusconi". Livia Turco, non presente all'assemblea,
avrebbe il merito eroico di aver dato fuoco alle polveri due
giorni dopo, indignata per due frasi tra loro non collegate,
riportate sul Corriere della sera.
Il giorno successivo alla lettera della Turco che "apre il caso",
mercoledì 14 chiedono "chiarimenti" a Travaglio Gianni Cuperlo
e Pasquale Cascella "noi che siamo stati collaboratori in quel
momento a Palazzo Chigi riteniamo ci sia un limite per l'ipocrisia
e anche per la volgarità." Le citazioni incriminate estrapolate
da un'analisi ampiamente argomentata e documentata, quella che
Marco Trvaglio ripercorre nella risposta di domenica 18, sono
sempre le stesse: quella sulla "merchant bank di Palazzo Chigi
in cui non si parlava inglese" frase di Guido Rossi (con cui
D'Alema non vuole polemizzare) riportata in libri e articoli
e quella più libera e meno anglosassone coniata da Travaglio
"nella quale [merchant bank] entrarono persone con le pezze
al culo ed uscirono miliardarie".
Tanto per completezza di informazione vale la pena di ricordare
che Gianni Cuperlo, circa un anno fa, se non ricordo male, aveva
qualificato l'assunzione di Marco Travaglio a l'Unità come una
delle cose peggiori dell'anno che si andava a concludere e implicitamente,
ma nemmeno tanto, invitava la direzione a un qualche positivo
ravvedimento.
Pasquale Cascella, notista politico di strettissima osservanza
dalemiana, tanto per citare un episodio molto recente, si è
smarcato con una certa enfasi dalla decisione della redazione
di querelare Giuliano Ferrara per aver tacciato dal teatrino
di Porta a Porta, sotto il benevolo silenzio di Bruno Vespa,
l'Unità di essere un giornale "tecnicamente omicida". Evidentemente
più preoccupato di mantenere rapporti di ottimo vicinato con
"i riformisti" di Polito i cugini "di destra" de Il Foglio,
come ama apostrofarli divertito Giulianone.
Ebbene su l'Unità del 16 gennaio e sul sito on line appare un
comunicato indignatissimo del cdr che esprime profondo disappunto
per le accuse che Marco Travaglio avrebbe rivolto dalle pagine
del Foglio ad un giornalista della testata [Pasquale Cascella]
di cui viene vantata "la riconosciuta professionalità" quale
portavoce dell'allora presidente del consiglio Massimo D'Alema.
"Punto e basta. Il resto sono offese gravi e gratuite che la
redazione dell'Unità non può accettare, così come non ha accettato
che l'intero giornale, e quindi l'intero corpo redazionale,
venisse, in un'altra occasione, tacciato da Giuliano Ferrara
di essere 'tecnicamente omicida'. La cultura del 'non potevano
non sapere' alimenta un clima di odio nei confronti del nostro
giornale, e fornisce alibi a quanti, dalle stesse colonne de
Il Foglio parlano di 'pecorellismo' e si stupiscono 'che un
giornale di sinistra ospiti la rubrica di u personaggio che
ha in odio tutto lo stato maggiore della sinistra'..".
Quanto sia proporzionata la comparazione tra la criminalizzazione
intimidatoria di Giuliano Ferrara, (consigliere del principe)
contro Tabucchi, Padellaro e Colombo, (intellettuali e giornalisti
ostracizzati) e le valutazioni, pure aspramente critiche di
Marco Travaglio, (un giornalista scomodo) sull'operato di un
governo (di destra o di "sinistra" sempre potere esecutivo),
possono agevolmente valutarlo il lettori de l'Unità e l'opinione
pubblica. Così come la circostanza paradossale che una redazione
si mobiliti come un sol uomo a difesa di un collega, nelle vesti
di portavoce governativo, contro un altro, collega che guarda
caso si è elegantemente sfilato dalla difesa del giornale contro
un'intimidazione e una criminalizzazione orchestrata per conto
dell'attuale presidente del consiglio.
Intanto Il Giornale di domenica 18 fa un bel titolo di prima
pagina con la foto di Violante in sottofondo, quale "capo del
partito dei giudici": "I DS vogliono la testa di Travaglio penna
dei girotondini". Due giorni prima la redazione de il Riformista
nella risposta all'appello di alcune personalità che spaziano
da Giampaolo Pansa a Paolo Franchi passando per Gianfranco Pasquino
e Michele Salvati dal titolo "la società civile non è solo un
girotondo" cita quale malum exemplum di "una distorsione pericolosa
(la pretesa di essere il solo interprete della Moralità pubblica)
l'invettiva del giornalista dell'Unità Marco Travaglio". In
riferimento a "ciò che è rimasto del movimento dei girotondi".
E la meritoria opera di "derattizzazione" è tutta ascrivibile
all'eroica testata nata anche con lo scopo attribuitole dai
cugini de il Foglio, e mai smentito dagli interessati, di "spianare"
i movimenti e "neutralizzare" Cofferati. Entrambi i pericoli
erano stati segnalati fin dai tempi ormai remoti dell'assise
di Castel San Pietro ma evidentemente abbastanza invano.
E dalle pagine del Corriere della Sera (sabato 18 gennaio) Giuliano
Zincone ingaggia una requisitoria contro la società civile infiammata
dalle invettive dei Savonarola. "E' ingenuo meravigliarsi o
indignarsi, come hanno fatto molti DS e molti giornalisti dell'
Unità.Questa è la società civile, baby." E via contro "il partito
dei Savonarola e dei Robespierre, i nuovi Flagellanti che denunciano
gli arricchimenti degli avversari e dei concorrenti.Stringe
il cuore scorgere accanto a questi rampanti la veneranda canizie
di Oscar Luigi Scalfaro." E denuncia con l'intransigenza di
uno stilita che "la politica italiana assomiglia all'Isola dei
Famosi.dove si diventa famosi.per una escandescenza, perché
si sputa nel piatto dove si mangia..e c'è anche il partito di
quelli che cercano di farsi censurare..". Dopo gli anatemi il
monito "Continueremo a farci del male se lasceremo la politica
nelle mani dei poliziotti di complemento" (ibidem).
Questa è l'aria.
Alla lettera di Marco Travaglio, Furio Colombo obietta che vi
sono passaggi non condivisibili.
Attendiamo, in primo luogo come lettori di un giornale a cui
dobbiamo comunque essere grati, la risposta della direzione.
Una risposta molto importante non solo sotto il profilo redazionale,
in un momento grave per la testata e per il Paese.
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