TORINO - Pare passato
un secolo, da quel giorno di fine luglio del '98 quando Zdenek
Zeman dichiarò all'Espresso che il calcio era finito in farmacia.
Gli diedero del pazzo, del calunniatore, del visionario, assicurando
che "nel mondo del pallone il doping non esiste". Poi
si capì che non lo cercavano, per questo - ufficialmente - non
esisteva. E saltò il laboratorio Coni dell'Acqua Acetosa.
Ora, per la prima volta nella storia del calcio italiano (e non
solo), una società viene condannata per doping. Ed è la più prestigiosa
e blasonata d'Europa: la Juventus. Questa, al di là delle
analisi e delle sottigliezze sul dispositivo della sentenza emessa
stamane dal giudice Giuseppe Casalbore, è la sostanza dell'ultimo
atto del processo di primo grado all'amministratore delegato
bianconero Antonio Giraudo (assolto) e al capo dello staff medico
Riccardo Agricola (condannato). Pienamente confermato il cuore
dell'accusa, sostenuta con pazienza e determinazione in questi
anni dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e dai suoi
sostituti Sara Panelli e Gianfranco Colace. L'accusa principale
intorno a cui sono ruotati questi sei anni di indagini, udienza
preliminare e dibattimento era la frode sportiva mediante "somministrazione
sistematica di eritropoietina" (la famigerata e vietatissima
Epo) e mediante l'abuso di farmaci su atleti sani.
Quest'accusa, dislocata alle lettere g), h) e i) del capo
d'imputazione, è stata ritenuta fondata dal giudice a carico
del dottor Agricola. Sia sul versante della frode sportiva, in
base alla legge 401 del 1989 (che punisce chi compie atti fraudolenti
per alterare i risultati delle competizioni sportive), sia su
quello della somministrazione di farmaci e creatina in maniera
pericolosa per la salute degli atleti (articolo 445 del Codice
penale).
Traduzione: secondo il Tribunale di Torino, la Juventus ha "dopato"
i suoi giocatori con l'Epo e altri farmaci, in parte vietati,
in parte leciti ma solo per curare patologie (in questo caso inesistenti),
nelle stagioni comprese fra il 1994 al 1998. Le prime quattro
stagioni dell'era Lippi, sotto la regia della nuova dirigenza
Giraudo-Moggi-Bettega, contrassegnate da una messe di successi
(una Champions League e tre scudetti). Ora su quei titoli sportivi
si pronunceranno i giudici della Federcalcio e dell'Uefa,
sempreché la condanna di Agricola "regga" dinanzi alla
Corte d'appello, alla quale i difensori hanno già annunciato
ricorso.
Il giudice Casalbore, smentendo le insinuazioni di alcuni difensori
che lo dipingevano come "appiattito" sulle posizioni
dei pubblici ministeri, ha emesso un verdetto complesso, che per
essere compreso appieno richiederà un'attenta lettura delle
motivazioni (arriveranno fra tre mesi). Ma che già emerge con
sufficiente chiarezza. Sul doping e sulla conseguente accusa di
mettere a repentaglio la salute dei giocatori, Giraudo viene assolto
con la formula del comma 2 dell'articolo 530 del Codice di
procedura penale: quella che assorbe la vecchia insufficienza
di prove ("quando la prova è contraddittoria o insufficiente").
Nel processo, secondo il Tribunale, non sono emersi elementi bastanti
a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che l'amministratore
delegato sapesse quel che faceva Agricola. Fino all'ultimo
i pm avevano valutato la possibilità di chiedere l'assoluzione
di Giraudo, ma poi avevano optato per una richiesta di condanna,
sia pure più blanda rispetto ad Agricola, sulla base di una "prova
logica", indiziaria: visti i costi abnormi dell'Epo,
era impensabile che il medico li sostenesse senza avvertire il
suo diretto superiore, che stanziava i fondi per i medicinali
e firmava i bilanci.
Per il giudice, tutto questo non basta. Mancano le impronte digitali,
cioè documenti o testimonianze che assicurino che Giraudo era
d'accordo (nell'arringa, i suoi difensori avevano osservato
che, semmai, il medico rispondeva al direttore sportivo Luciano
Moggi, non all'amministratore delegato).
In ogni caso è di Agricola e delle sue pratiche che si è parlato
soprattutto in questi tre anni di dibattimento. Non di Giraudo.
Insieme alla frode sportiva e alla somministrazione dannosa di
farmaci, i due imputati erano accusati anche di falso materiale,
per la strana triangolazione di ricette con cui la Juventus -
complice il farmacista Rossano - si procurava medicinali a esclusivo
uso ospedaliero. Anche questa accusa è stata confermata, ma solo
per Rossano (che ha patteggiato 5 mesi), mentre Giraudo è stato
assolto con formula piena e Agricola con formula "dubitativa"
(il solito art. 530 comma 2). Un'altra, la creazione di una
farmacia abusiva contro la legge 538/92, è caduta in prescrizione.
Per le tre imputazioni minori (presunta violazione della legge
626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e presunti test irregolari
sull'Aids e sul testosterone sui calciatori), invece, è scattata
l'assoluzione piena.
Tutto questo, per l'avvocato Luigi Chiappero (difensore di
Agricola insieme a Emiliana Olivieri), è un "pareggio in
trasferta". Metafora infelice, visto che il capo g) per cui
Agricola è stato condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione recita
testualmente: "... aver sottoposto i giocatori a metodi doping
proibiti e in particolare la somministrazione di specialità medicinali
atte a stimolare l'eritropoiesi quali l'eritropoietina
umana ricombinata a pratiche di tipo trasfusionali, ricorrendone
il divieto", il tutto "dal luglio 1994 all'ottobre
1998". Per una sentenza così infamante, forse, è più appropriato
il commento di un altro avvocato, Paolo Trofino, che difende Giraudo
insieme ad Anna Chiusano: "Abbiamo segnato un bel gol con
Giraudo, ma con Agricola abbiamo perso la partita".
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Marco
Travaglio
La Repubblica
(26 novembre 2004)
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