Al Cittadino non far Sapere
di
Marco Travaglio
Cari lettori, quando il Parlamento
approva una legge all'unanimità, di solito bisogna preoccuparsi.
Indulto docet. Questa volta è anche peggio. L'altroieri, in
poche ore, con i voti della destra, del centro e della sinistra
(447 sì e 7 astenuti, tra cui Giulietti, Carra, De Zulueta,
Zaccaria e Caldarola), la Camera ha dato il via libera alla
legge Mastella che di fatto cancella la cronaca giudiziaria.
Nessuno si lasci ingannare dall'uso furbetto delle parole:
non è una legge "in difesa della privacy" (che esiste da 15
anni) nè contro "la gogna delle intercettazioni". Questa è
una legge che, se passerà pure al Senato, impedirà ai giornalisti
di raccontare - e ai cittadini di conoscere - le indagini
della magistratura e in certi casi persino i processi di primo
e secondo grado. Non è una legge contro i giornalisti. È una
legge contro i cittadini ansiosi di essere informati sugli
scandali del potere, ma anche sul vicino di casa sospettato
di pedofilia. Vediamo perché.
Oggi gli atti d'indagine sono coperti dal segreto investigativo
finché diventano "conoscibili dall'indagato".
Da allora non sono più segreti e se ne può parlare. Per chi
li pubblica integralmente, c'è un blando divieto di pubblicazione,
la cui violazione è sanzionata con una multa da 51 a 258 euro,
talmente lieve da essere sopportabile quando le carte investono
il diritto-dovere di cronaca. Dunque i verbali d'interrogatorio,
le ordinanze di custodia, i verbali di perquisizione e sequestro,
che per definizione vengono consegnati all'indagato e al difensore,
non sono segreti e si possono raccontare e, di fatto, citare
testualmente (alla peggio si paga la mini-multa). È per questo
che, ai tempi di Mani Pulite, gli italiani han potuto sapere
in tempo reale i nomi dei politici e degli imprenditori indagati,
e di cosa erano accusati. È per questo che, di recente, abbiamo
potuto conoscere subito molti particolari di Bancopoli, Furbettopoli,
Calciopoli, Vallettopoli, dei crac Cirio e Parmalat, degli
spionaggi di Telecom e Sismi.
Fosse stata già in vigore la legge Mastella, Fazio sarebbe
ancora al suo posto, Moggi seguiterebbe a truccare i campionati,
Fiorani a derubare i correntisti Bpl, Gnutti e Consorte ad
accumulare fortune in barba alle regole, Pollari e Pompa a
spiare a destra e manca. Per la semplice ragione che, al momento,
costoro non sono stati arrestati né processati: dunque non
sapremmo ancora nulla delle accuse a loro carico. Lo stesso
vale per i sospetti serial killer e pedofili, che potrebbero
agire indisturbati senza che i vicini di casa sappiano di
cosa sono sospettati.
La nuova legge,infatti,da un lato aggrava a dismisura le sanzioni
per chi infrange il divieto di pubblicazione: arresto fino
a 30 giorni o, in alternativa, ammenda da 10 mila a 100 mila
euro (cifre che nessun cronista è disposto a pagare pur di
dare una notizia). Dall'altro allarga à gogò il novero degli
atti non più pubblicabili. Anzitutto "è vietata la pubblicazione,
anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti
nel fascicolo del pm o delle investigazioni difensive, anche
se non più coperti da segreto, fino alla conclusione delle
indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare".
La notizia è vera e non é segreta, ma è vietato pubblicarla:
i giornalisti la sapranno, ma non potranno più raccontarla.
A meno che non vogliano rovinarsi, sborsando decine di migliaia
di euro.
È pure vietato pubblicare, anche solo nel contenuto, "la documentazione
e gli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o
a comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati
sul traffico telefonico e telematico, anche se non più coperti
da segreto". Le intercettazioni che hanno il pregio di fotografare
in diretta un comportamento illecito, o comunque immorale,
o deontologicamente grave sono sempre top secret.
Bontà loro, gli unanimi legislatori consentiranno ancora ai
giornalisti di raccontare che Tizio è stato arrestato (anche
per evitare strani fenomeni di desaparecidos, come nel vecchio
Sudamerica o nella Russia e nell'Iraq di oggi). Si potranno
ancora riferire, ma solo nel contenuto e non nel testo, le
misure cautelari, eccetto "le parti che riproducono il contenuto
di intercettazioni". Troppo chiare per farle sapere alla gente.
E i dibattimenti? Almeno quelli sono pubblici, ma fino a un
certo punto: "non possono essere pubblicati gli atti del fascicolo
del pm, se non dopo la pronuncia della sentenza d'appello".
Le accuse raccolte (esempio, nei processi Tanzi, Wanna Marchi,
Cuffaro, Cogne, Berlusconi etc.) si potranno conoscere dopo
una decina d'anni da quando sono state raccolte: alla fine
dell'appello. Non è meraviglioso?
L'ultima parte della legge è una minaccia ai magistrati che
indagano e intercettano "troppo", come se l'obbligatorietà
dell' azione penale fosse compatibile con criteri quantitativi
o di convenienza economica: le spese delle Procure per intercettazioni
(che peraltro vengono poi pagate dagli imputati condannati,
ma questo nessuno lo ricorda mai) saranno vagliate dalla Corte
dei Conti per eventuali responsabilità contabili. Così, per
non rischiare di risponderne di tasca propria, nessun pm si
spingerà troppo in là, soprattutto per gli indagati eccellenti.
A parte «Il Giornale», nessun quotidiano ha finora compreso
la gravità del provvedimento. L'Ordine dei giornalisti continua
a concentrarsi su un falso problema: quello del "carcere per
i giornalisti", che è un'ipotesi puramente teorica, in un
paese in cui bisogna totalizzare più di 3 anni di reclusione
per rischiare di finire dentro. Qui la questione non è il
carcere: sono le multe. Molto meglio una o più condanne (perlopiù
virtuali) a qualche mese di galera, che una multa che nessun
giornalista sarà mai disposto a pagare. Se esistessero editori
seri, sarebbero in prima fila contro la legge Mastella. A
costo di lanciare un referendum abrogativo. Invece se ne infischiano:
meno notizie "scomode" portano i cronisti, meno grane e cause
giudiziarie avrà l'azienda. Mastella, comprensibilmente, esulta:
«Un grande ed esaltante momento della nostra attività parlamentare».
Pecorella pure: «Una buona riforma, varata col contributo
fondamentale dell'opposizione». Vivi applausi da tutto l'emiciclo,
che è riuscito finalmente là dove persino Berlusconi aveva
fallito: imbavagliare i cronisti. Ma a stupire non è la cosiddetta
Casa delle Libertà, che facendo onore alla sua ragione sociale
ha tentato fino all'ultimo di aumentare le pene detentive
e le multe (fino al 500 mila euro!) per i giornalisti. È l'Unione,
che nell'elefantiaco programma elettorale aveva promesso di
allargare la libertà di stampa. Invece l'ha allegramente limitata
con la gentile collaborazione del centrodestra. Ma chi sostiene
che nell'ultimo anno non è cambiato nulla, ha torto marcio.
Quando le leggi-vergogna le faceva Berlusconi, l'opposizione
strillava e votava contro. Ora che le fa l'Unione, l' opposizione
non strilla, anzi le vota. In vista del passaggio al Senato,
cari lettori, facciamoci sentire almeno noi, giornalisti e
cittadini.
L'UNITA' 19 aprile 2007 Uliwood
Party