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  Intervista a Marco Travaglio

Vulcano in questo numero è andato a trovare Marco Travaglio, giornalista indipendente, e già delfino di Indro Montanelli, indimenticata icona del giornalismo italiano. Attualmente collabora con il gruppo l'Espresso (gestisce un blog su Repubblica.it) e con diversi siti internet, che si occupano di "informazione alternativa". Il suo esordio come saggista risale al 1994 con un libro "Palle Mondiali" presentato dallo stesso Montanelli. La sua carriera giornalistica si concentra presto sui rapporti tra il potere e la malavita. Il suo libro del 2001 sull'origine del patrimonio di Silvio Berlusconi "L'odore dei soldi" è una vera bomba ad orologeria, che si attiva quando viene presentato da Daniele Luttazzi nel corso del programma televisivo "Satyricon". La prima conseguenza è la cancellazione del programma e l'epurazione del noto attore di satira dalla televisione (ribadita da Berlusconi nel cosiddetto diktat Bulgaro), ma il Cavaliere non si accontenta, e, furente, denuncia sia Travaglio che Luttazzi chiedendo loro un risarcimento miliardario. Il libro, che fa scandalo perché avvicina in maniera netta e imbarazzante Forza Italia a "Cosa Nostra" fa presto conoscere a tutti il valore e l'importanza di giornalisti come Marco Travaglio.


V- Signor Travaglio, che porzione di mercato occupa il giornalismo indipendente, nel nostro paese?
MT- Mah, una fetta piuttosto limitata, direi. Tuttavia dobbiamo scindere la televisione dalla carta stampata. In TV penso di non sbagliare se dico che i giornalisti indipendenti si contano sulle dita di una mano. Sui giornali o su internet, abbiamo invece una situazione molto differente; ci sono colleghi molto validi, che fanno dell'indipendenza una condizione imprescindibile per esercitare la professione

V- Quali prospettiva ha un giovane che voglia diventare giornalista?

MT- Senza voler scoraggiare nessuno, dico che oltre ad essere difficile è un percorso in cui piegare la schiena e adeguarsi al potente di turno è determinante per fare carriera. In generale per essere giornalisti, nella più pura accezione del termine, bisogna esercitare sempre lo spirito critico. Ed è proprio per questa ragione che non possono esistere giornalisti governativi. Il giornalista deve sempre fare opposizione.

V- Lei ha lavorato a fianco di Indro Montanelli, qual è l'insegnamento più prezioso che le ha lasciato?

MT- Ne ho sempre in mente non uno ma due. Il primo è quello di scrivere considerando che l'unico vero padrone del giornalista è il pubblico cui sono rivolti gli articoli. Questo è importante perché permette di mettersi nell'ottica di chi legge, evitando così di scrivere per compiacere qualcuno in particolare. Il messaggio deve inoltre essere semplice, e, laddove si può si deve usare l'ironia, una delle armi più preziose che abbiamo. Il secondo e forse il più importante, Indro me lo ha ripetuto più volte: con chi ha il potere, il giornalista non deve mangiarci mai nemmeno una pastasciutta, per mantenersi il più imparziale possibile e per non mettere a repentaglio lo spirito critico.

V- Lei è noto per non mandare a dire le cose, così, a freddo, la corruzione esiste anche a sinistra?
MT- Esiste. Certamente in misura minore. Purtroppo oggi la politica consta di un mondo in cui la collusione e il clientelismo sono alla base dei rapporti tra le persone. Vedo nella sinistra un meno peggio, non un meglio.

V- Come giudica la nomina di Pietro Grasso come Procuratore Generale Antimafia?
MT- Come giudicarla? Innanzitutto governativa. Il concorso con cui è stata affidata la carica è stato pesantemente influenzato da leggi contra personam nei confronti dell'altro candidato. Stava alla dignità personale di Pietro Grasso rifiutare una carica assegnata così vergognosamente da un governo che in questi cinque anni ha fatto di tutto per mettere in ginocchio la giustizia e la legalità.

V- L'assassinio di Francesco Fortugno, vice Governatore della Regione Calabria, apre una nuova stagione d'oro per la malavita organizzata, oppure assistiamo all'episodio più eclatante di una violenza fuori controllo e priva di copertura mediatica?
MT- La N'drangheta è un'organizzazione che non ha mai smesso di sparare. I regolamenti di conti sono avvenimenti piuttosto comuni, tanto che, pochi anni fa, un killer sparò un razzo teleguidato con un bazooka a spalla contro la macchina corazzata di un boss rivale. Questo non a Beirut, ma in una centralissima piazza di una città calabrese. Il tutto è avvenuto senza creare particolare scompiglio tra opinione pubblica e mezzi di informazione. La N'drangheta a differenza della mafia può contare su un'organizzazione capillare e parcellizzata che non prevede una cupola come per Cosa Nostra, ma una partizione di potere orizzontale, studiata per evitare che i pentiti possano metterne a repentaglio la sopravvivenza. Dunque, lo stato non sta perdendo la gara con la malavita in questi tempi, purtroppo il crimine organizzato ha già vinto. L'omicidio di Fortugno rappresenta solo un ultimo, violento segnale di supremazia. A questo quadro disperato va aggiunta la vergognosa legge sullo scudo fiscale, varata, tanto per cambiare, dal nostro governo, tramite la quale, somme inestimabili di denaro sono entrati direttamente e senza controllo nelle casse della N'drangheta.

V- Per la Mafia la situazione è diversa, invece?
MT- E' diversa per il semplice fatto che Cosa Nostra non spara da circa 13 anni. Casualmente proprio 13 anni fa, Dell'Utri intimo amico di alcuni pericolosi boss mafiosi fondava un partito insieme ad un altro amico, Silvio Berlusconi, l'uomo della svolta per Cosa Nostra. La mafia ha beneficiato di molti vantaggi con l'avvento di Berlusconi e del suo governo. Del resto, molti miliardi pioveranno ancora sui boss a causa dei finanziamenti Europei e governativi per la costruzione del ponte sullo stretto. La situazione di oggi è molto simile a quella del 92: le gerarchie potrebbero essere ridisegnate. Ogni volta che questo avviene, Cosa Nostra colpisce con efferata violenza, come fu nelle stragi di Capaci, Roma e Milano. La calma apparente di questi anni potrebbe dunque essere squarciata da un momento all'altro, con un'evoluzione del panorama politico.

V- Le leggi ad personam rappresentano oramai una consuetudine nell'attualità politica nostrana, quali sono le ripercussioni sullo stato di salute della giustizia?
MT- Per assurdo, i governi di centro sinistra sono stati i più deleteri per lo stato della giustizia. Questo non tanto per un maggior accanimento nei confronti della giustizia; sappiamo tutti quanto il Cavaliere tenga a distruggere l'indipendenza e l'efficienza della magistratura. Piuttosto il centrodestra ha sempre affidato le modifiche delle normative a persone così incapaci da non riuscir a portare a termine dei cambiamenti applicabili. Certo è, e qui non mi dilungo molto a spiegarne i motivi, che se la "salva-Previti" dovesse passare, saremmo davanti ad un disastro senza precedenti. Sarebbe un non senso giuridico che bloccherebbe la gran parte dei processi.

V- Lei denuncia senza timore cose che, oltre a stupire mettono quasi a disagio per la loro gravità; non ha mai paura che qualcuno voglia cucirle la bocca?
MT- No, questo no. Non sono testimone di verità ancora nascoste o che aspettano di essere rivelate. Mi baso su atti che, sebbene non siano accessibili a tutti, sono noti ai tribunali della Repubblica. In parole povere non potrei far incarcerare nessuno con i miei articoli e i miei libri.

V- Marco Travaglio, Comunista. Mi è spesso capitato di sentire questa equazione. Le da fastidio?
MT- Più che darmi fastidio oramai mi fa ridere. Ultimamente, però, qualcosa è cambiato, il presidente Cossiga, strillava che io ero il peggior fascista, e che utilizzavo dei modi violenti di fare giornalismo. E' sempre così, quando le cose che vengono denunciate sono vere non si risponde a chi ha formulato l'accusa, ma piuttosto lo si attacca. Preferisco persone come Stefania Craxi, che mi ha denunciato perché ho scritto che suo padre fu un ladro. Sono stato assolto di recente, perché, sfortunatamente per Stefania Craxi suo padre fu in effetti un ladro. Una denuncia mi risparmia perlomeno un attacco bieco e strumentale.

V- Il paradigma di Silvio Berlusconi è destinato ad avere degli emuli nel nostro paese?
MT- Oh, beh, li ha già. In Italia. Solo chi oramai vive profondamente radicato in un contesto viziato dal conflitto di interesse non si è accorto, quest'estate di un fatto molto grave: abbiamo assistito ad un processo di progressiva identificazione tra i DS e la Unipol nel corso della scalata alla Banca Nazionale del Lavoro. Tutto ciò è molto grave, perché si potrebbe ottenere una situazione in cui il conflitto di interesse risulti endemico, con la presenza di partiti-banca, partiti-assicurazioni eccetera. A fianco di un conflitto di interesse più grande, ce ne sarebbero altri, più piccoli e difficili da controllare.

V- Grazie Marco, per la tua disponibilità e la semplicità con cui spieghi cose per la verità piuttosto complesse.
MT- Grazie a voi, e.in bocca al lupo, Vulcaniani!

Davide Zucchi