Lei che rapporto ha
con Internet e l'infornazione spontanea della rete (quella,
ad esempio, dei blogs): li vede come strumenti integrativi
dell'informazione professionale?
Nelle edicole c'è un numero
di giornali tale da soddisfare le esigenze di pluralismo,
ci sono poi dei blogs interessantissimi, ma non sono un
grande frequentatore di Internet perché per le cose di
cui mi occupo c'è bisogno di andare a prendere delle carte
oppure di appurare i fatti con le persone: non faccio
un grande uso della navigazione Internet perché a me non
serve molto; mi interessa di più andare a prendere le
sentenze: faccio soprattutto cronaca giudiziaria, quindi,
vado nei Tribunali, lavoro ancora molto sul cartaceo.
Credo che la ricerca su Internet sia più utile all'utente
dell'informazione che al protagonista dell'informazione;
poi, naturalmente, anche io attivo qualche motore di ricerca
per trovare qualche articolo, ma difficilmente mi capita
di andare a cercare cose in rete per trovare spunti. Se,
ad esempio, vai sul blog di Grillo, trovi ogni giorno
un post, ma non puoi leggerlo in sostituzione di quello
che ti danno i giornali: i giornali sono ancora lo strumento
principale con il quale, secondo me, ci si deve informare
correttamente. Poi, certamente, si possono aggiungere
dati ed integrare la propria conoscenza attraverso la
lettura dei blogs.
Secondo lei, Internet
può essere uno strumento di democrazia partecipativa?
Certamente, non so se
sia uno strumento in grado di rappresentare la volontà
di tutta la collettività, ma mette in contatto le persone:
fenomeni come Porto Alegre, come i girotondi, come i movimenti
anti-TAV... viaggiano tutti su scambi di e-mail, attraverso
modalità di interazione diretta e, quindi, secondo me,
bypassano gli eventuali boicottaggi e le eventuali censure
che ci possono essere in certi mezzi (come la televisione):
questo è molto importante.
Anche la Casa delle
libertà ha aperto un blog (titolo: Diventa legislatore
anche tu!; sottotitolo: Disegni di legge all'esame del
Senato ai quali è possibile proporre degli emendamenti)
per la democrazia diretta attraverso Internet, tuttavia,
nessuno vi ha ancora inserito commenti.
Ci sono molti italiani
che non hanno il computer, molti altri che hanno problemi
di sopravvivenza, quindi, è difficile poterli accusare
di disinteressarsi. Si tratta di una nuova forma di comunicazione
alla quale bisogna abituarsi: è difficile che a qualcuno
venga in mente di partecipare alle attività del Parlamento
e del Governo tramite Internet, anche perché dovrebbero
essere i rappresentati eletti ad invitare la gente a partecipare;
io non li ho mai sentiti invitare le persone, anzi, noto
che hanno un'idiosincrasia per i loro elettori: in questi
anni tutti i movimenti della società civile sono stati
presi a calci dai partiti, di destra e di sinistra, quindi,
è difficile che a un italiano venga in mente di partecipare
col suo computer alla stesura di un emendamento, anche
perché, purtroppo, sappiamo che attualmente gli emendamenti
alle leggi li fanno gli avvocati di Berlusconi per gli
affaracci suoi. Non credo che ci sia ancora qualche pollo
che manderebbe un'e-mail dicendo: "Proporrei di triplicare
le pene sul falso in bilancio.". Ci vorrebbe un contesto
più favorevole: se quelli che verranno dopo avranno l'elasticità
mentale per cambiare il loro modo di fare politica, il
rapporto con i loro elettori, allora il blog per la democrazia
diretta potrebbe essere una buona idea... ma non li vedo
molto attivi su questo.
Cosa ne pensa del mettere
a disposizione attraverso Internet le opere in pubblico
dominio e le opere rilasciate con licenze open?
Se non c'è lesione di
diritti d'autore, tutto deve essere gratuitamente e liberamente
fruibile: chi, ad esempio, ha composto una musica non
credo che l'abbia fatto per arricchire qualche casa di
produzione, qualche corporation, l'ha fatto perché la
sentisse la maggior quantità di pubblico possibile. In
caso di lesione di diritti, invece, bisogna perseguire
coloro che piratano. L'importante è non confondere i due
aspetti.
Ci sono, secondo lei,
interessi economici che ostano alla messa in rete, ad
esempio, della musica classica?
Credo di sì, ci sono le
grandi multinazionali che vivono non solo con la musica
leggera, ma anche con la musica classica, e se perdessero
questo business, si vedrebbero tagliare una bella fetta
dei loro introiti: e sono loro che contano al momento
di fare le leggi.
Internet Culturale
è nato anche per mettere a disposizione di tutti la musica
classica: ma, in realtà, si sono limitati a linkare, mediante
un motore di ricerca, musica già reperibile in rete. E
i 37,3 milioni di euro con i quali quel portale è stato
finanziato a che sono serviti?
Se si sono limitati a
linkare musica già reperibile in rete, è evidente che
si tratta dell'ennesimo spreco di denaro pubblico. E'
un bel biglietto da visita puntare su Internet, ma molto
spesso si tratta soltanto di operazioni di facciata per
dire che si è dato impulso alla modernizzazione.
Un'autostrada o un
edificio non completi sono chiaramente visibili, le grandi
opere digitali, invece, sebbene molto costose, sfuggono
allo sguardo dell'informazione: sembra che l'informazione
non sia ancora in grado di mettere a fuoco il reale valore
del virtuale... non è il caso di cambiare rotta?
Penso proprio di sì; ricordo
l'ultima campagna elettorale, quando fu tirato fuori dal
cilindro quel personaggio incredibile... il cosiddetto
Ministro Stanca; visto che venne presentato a Porta a
Porta come una specie di genio fino ad allora incompreso,
mi chiedo quali saranno mai i mirabolanti risultati che
ha ottenuto in cinque anni, che diavolo avrà mai fatto...
se dopo cinque anni questo è il bilancio, allora è un
bilancio imbarazzante.
Poi, come per magia,
dei privati e un piccolo gruppo di ricercatori universitari
(COCOA Compilation) riescono a fare, con poche migliaia
di euro, quello che lo Stato, con molti milioni di euro,
non è riuscito a fare.
E' assolutamente paradossale.