Una piccola Ovra di Furio Colombo
Il vasto limbo italiano delle notizie nate morte, ovvero deviate fin dall’inizio nel loro corso, come navicelle spaziali finite fuori orbita, si popola di nuovi reperti di momento in momento. In questo luglio del 2007 dominano sui quotidiani - e sfrecciano per pochi secondi nella rapidissima scarica di notizie sparate senza la minima nota di spiegazione o ambientazione dai telegiornali - notizie come «il Consiglio Superiore della Magistratura pubblica un elenco di decine di magistrati spiati in modo sistematico, istituzionale dal Sismi, non da suoi organi o cellule deviate».
N
otare le parole «sistematico», «istituzionale» e «non deviato». Il soggetto è il Sismi, l’organo di spionaggio militare. Ne era a capo il generale Pollari, che però, dopo la sua sostituzione da parte del governo dell’Ulivo, pur essendo indagato dalla magistratura (procura di Milano) per altri fatti rilevanti (rapimento illegale dell’Imam della moschea di Milano Abu Omar, poi consegnato ad agenti della Cia, rinchiuso in una prigione egiziana, interrogato e torturato per oltre un anno perché sospetto di terrorismo) è stato nominato consigliere di Stato. Inoltre sulla vicenda, e come modo per bloccare le indagini dei giudici di Milano, il governo dell’Ulivo ha posto (o confermato, non è chiaro) il segreto di Stato.
Perché non è chiaro? Ecco di nuovo una vicenda, attuale, drammatica, che riguarda il giornalismo, non la politica. O meglio: diventa un grave caso politico a causa del silenzio o della citazione elusiva, distorta e deliberatamente priva di approfondimento e di spiegazione di molto giornalismo. Il segreto di Stato che impedisce la continuazione dell’inchiesta della magistratura di Milano di Abu Omar era stato imposto da Berlusconi? A quanto pare nessuno lo ha chiesto e siamo arrivati all’incredibile: il segreto sul segreto.
Ma a questo punto può essere utile una ricostruzione degli eventi.
Primo. Solo due giornalisti, un solo quotidiano (D’Avanzo, Bonini, La Repubblica), nessuna televisione hanno investigato, chiarito, messo a fuoco e collocato nel contesto politico, l’attività presumibilmente illegale del Sismi, organo di difesa del Paese, piegato allo spionaggio interno di un potere (giudiziario) dello Stato.
Secondo. Il giornalismo italiano ha usato in modo rapido e generico due fonti, in due diverse occasioni. Una è stata offerta dalle carte processuali del giudice Spataro (procura di Milano). Da esse risultava lo spionaggio sistematico ma «personale e privato» del funzionario del Sismi Pio Pompa (lo stesso di cui è stata trovata la lettera che offre prostrata fedeltà all'allora primo ministro Berlusconi) a carico dei giornalisti (fra cui Paolo Serventi Longhi, segretario della Federazione della Stampa, e l’autore di questo articolo, dunque due persone del tutto senza potere e politicamente note solo perché non amichevoli verso il governo Berlusconi).
L’altra occasione, come abbiamo detto, è stata ieri rappresentata da un atto formale del Consiglio Superiore della Magistratura (l’organo presieduto dal capo dello Stato). Dice: «I giudici italiani sono stati spiati per cinque anni». E precisa, oltre ai molti nomi di giudici - alcuni illustri avversari della mafia e del terrorismo - anche il fatto che in questa attività non c’era nulla di deviato. Il Csm, dunque, ci fa sapere che si trattava di attività «sistematica» e «istituzionale».
Il giornalista e commentatore Augusto Minzolini, nota voce di area berlusconiana ma anche di fulminante qualità professionale, nota il problema e immediatamente (5 luglio, La Stampa) descrive nel suo editoriale «un impazzimento generale in Italia». Minzolini si rende conto che accuse gravissime potrebbero scuotere il Paese e si affretta a suggerire: non prestate troppa attenzione a denunce come questa. Si tratta della solita vicenda italiana: la guerra di tutti contro tutti.
Terzo. Qual è l’accusa gravissima che Minzolini, cogliendo lo stato di disordine delle comunicazioni, intende spingere via dal cielo offuscato delle notizie italiane? È il nesso fra spionaggio dei giornalisti e spionaggio dei giudici. È l’elenco dei nomi, che non si riferisce a funzioni o gradi, ma alla aperta posizione morale e politica di antagonismo a Berlusconi (dunque la sicurezza del Paese non è mai in questione ma lo è l’immagine del presidente del Consiglio, a cura dello spionaggio militare). E c’è la autorevole certificazione, da parte del Csm, che si tratta di spionaggio sistematico, non una tantum, di una attività regolare, non di un ramo deviato. E dunque è in discussione la guida e la responsabilità del Gen. Pollari, allora capo del Sismi e oggi consigliere di Stato, e non (non solo) di quel Pio Pompa, oggi addetto alla selezione di nuovi agenti, ma di cui ci parlano, per il periodo in questione, come di un personaggio avventuroso, stravagante e incline a iniziative personali.
Quarto. Già, ma qual è il periodo in questione? Sono tutti e cinque gli anni del governo Berlusconi. È il periodo che noi, in questo giornale, con buon istinto, avevamo definito “regime”. Cinque anni di spionaggio sistematico per conto di Silvio Berlusconi. Nell’Italia di Previti e Dell’Utri erano nel mirino del servizievole servizio di spionaggio militare magistrati e giornalisti. Perché? Perché ritenuti ostili al regime. Nota per gli interessati al problema: calcolare il costo. Il costo per la protezione di Berlusconi. Da chi? Da che cosa? Da normali processi della regolare autorità giudiziaria del Paese. E da normali articoli su quei processi da pubblicarsi sulla stampa libera (non moltissima) del Paese.
Due tremende conclusioni. Senza un giornalismo complice o cieco o - diciamo - molto prudente, Berlusconi non avrebbe potuto scostarsi così tanto dalla democrazia. E anche: l’uomo e il governo che hanno fatto, senza pensarci due volte, simili danni, montando una piccola Ovra, ci danno notizie su come hanno lavorato (e lavorato bene) a spaccare l’Italia.
furiocolombo@unita.it
L'Unità, 6 luglio 2007 |