Attualità
IL PAESSE DI SUA EMITTENZA
Quando la Rai sposò Mediaset
Nel carteggio tra le major Usa la preoccupazione per
il controllo di Berlusconi sulle tv. Azienda pubblica
e privata si accordano sui film da comprare. E pagare
di meno. Un libro ricostruisce la vicenda
L'Espresso
Dopo il successo di
'Regime' (220 mila copie vendute), da venerdì 2 dicembre
è in libreria, con la prefazione di Giorgio Bocca, il
nuovo libro di Peter Gomez e Marco Travaglio: 'Inciucio
- Come la sinistra ha salvato Berlusconi. La grande
abbuffata Rai, le nuove censure di regime da Molière
al caso Celentano. L'attacco all'Unità e l'assalto al
Corriere'. Del libro anticipiamo un brano tratto dal
capitolo Rainvest, in cui si racconta come, con l'arrivo
di Silvio Berlusconi a palazzo Chigi, il duopolio Rai-Mediaset
si sia trasformato in un monopolio. Il tutto sotto gli
occhi impassibili delle Authority sempre più saldamente
in mano agli uomini dei partiti: di destra e di sinistra.
Dal 2001 la battaglia
per gli ascolti e per i fatturati diventa puramente
teorica. Una finzione scenica. In quel momento, nel
prime time, la Rai è al 47,6% di share e Mediaset al
43. Basteranno meno di due anni di cura per ribaltare
la situazione: nella primavera del 2003 Mediaset sorpasserà
la Rai salendo al 46,4% contro il 43,6 del 'servizio
pubblico'. Uno sbilanciamento di 4 punti, talmente plateale
da indurre chi di dovere a rimpiazzare il cda e il direttore
generale Agostino Saccà a metà legislatura. Già alla
fine del 2003, con l'avvento di Cattaneo e soprattutto
di Paolo Bonolis, nella prima serata la Rai registrerà
un ascolto medio del 44,66%, contro il 44,90 del Biscione.
È quel che sognava il
Cavaliere fin dal '93, quando nessuno, nemmeno i suoi
fedelissimi, sembravano credergli: spartirsi l'audience
fifty fifty con la Rai. Inutile scannarsi a suon di
miliardi per un punto di share, che in fondo oggi vale
'solo' 35 milioni di euro l'anno. Molto meglio ridurre
i costi, anche mandando in onda programmi di bassissima
qualità come i reality show, e massimizzare gli utili.
Il tutto a vantaggio dell'azienda privata: cioè Mediaset.
I primi ad accorgersi
di questa strana concorrenza all'italiana sono i dirigenti
delle major americane. Secondo loro, da quando il 'liberista'
Berlusconi è al governo, Rai e Mediaset fanno 'cartello'.
Con un solo obiettivo: spendere il meno possibile. Il
13 agosto 2002 Giovanni Pedde, responsabile dell'ufficio
di Roma della Paramount, scrive una e-mail a Gary Marenzi,
il suo big boss di Los Angeles, presidente del ramo
televisivo della major statunitense. Come accade da
qualche mese, il tono è preoccupato. In febbraio, quando
il vecchio cda Rai è stato sostituito da quello berlusconiano,
Pedde ha subito temuto il peggio. L'arrivo sulla poltrona
di presidente dell'ex presidente della Corte costituzionale
Antonio Baldassarre, buon amico di Cesare Previti, e
su quella di direttore generale di Agostino Saccà, un
manager che rivela orgoglioso di "votare Forza Italia
con tutta la mia famiglia", l'ha spinto a scrivere:
"Entrambi sono espressione della coalizione di Berlusconi,
questo potrebbe confermare che molto presto il mercato
delle trasmissioni Rai si trasformerà in un monopolio".
Previsione azzeccata. Tanto che il 13 agosto Giovanni
Pedde racconta sconsolato a Gary Marenzi quel che ha
saputo durante una colazione di lavoro con i rappresentanti
italiani della Warner e della Columbia: "La Warner in
particolare, ma anche la Columbia, hanno enormi difficoltà
nel garantire l'approvazione dei loro contratti in Italia
e, sia dalla Rai che da Mediaset, colgono chiari segnali
di come i network si coordinino nei loro sforzi per
abbassare il costo delle licenze e sostanzialmente diminuire
il volume degli acquisti. I rappresentanti di ciascuna
delle reti sono arrivati al punto di dire, a Rosario
(Ponzio, Warner) e Marco (Cingoli, Columbia), che avrebbero
fatto meglio ad accettare la nuova politica delle licenze
perché la loro controparte (quella che una volta era
il loro 'concorrente') aveva già scartato il prodotto
in vendita. In altre parole Guido Barbieri (il direttore
della divisione diritti e fiction di Mediaset, nda)
e Giancarlo Leone (direttore di Rai Cinema, nda) prima
parlano tra di loro e decidono che cosa prendere da
ciascuno Studio, poi stabiliscono percentuali uniformi
(e più basse) da applicare nella loro trattativa e si
coordinano nella strategia delle licenze così da metter
lo Studio in un angolo. La situazione che Rosario e
Marco stanno segnalando ai più alti vertici delle loro
società ha già avuto effetti negativi sui piani di concessione
delle licenze della Warner e della Columbia. Per loro
lo scopo del nostro incontro a pranzo era di proporre
che tu, Jeff Schlesinger (presidente della Warner Bros
International Tv, nda) e Michael Grindon (presidente
della Sony Pictures Television International, nda) vi
incontriate e discutiate di una possibile contro-strategia.
Ovviamente, in questo contesto, l'aiuto di Tom Rosenberg
(un produttore molto legato alla tv pubblica, nda) potrebbe
essere essenziale se lui usa la leva di una negoziazione
complessiva di tutti i diritti con la Rai per spingere
i nostri pacchetti tv al costo che proponiamo. Al contrario,
se lui non ci riesce o rinuncia al nostro pacchetto
di offerte (in favore di altre opportunità con la Rai),
la Rai potrebbe non solo farci delle controfferte ridicole
per le licenze di 'The Dead Zone' e 'Haunted', ma addirittura
arrivare al punto di non prendere del tutto la serie,
avendo preconcordato con Mediaset che anche Mediaset
non è interessata all'offerta. Io non mi stancherò di
dire quanto sia seria la situazione e quale impatto
profondo può avere sulle nostre strategie di mercato.
Mentre è in corso in tutta Europa una ritirata generale
dai contratti, in particolare dalle produzioni, il controllo
esercitato da Berlusconi sul mercato televisivo è così
pervasivo che senza qualche tipo di leva (minacciare
di ritirare i film principali dalla negoziazione complessiva
dei diritti? Concertare un'azione tra gli Studios per
ritirare dal mercato i prodotti chiave?) Rai e Mediaset
avranno tutti i vantaggi e faranno danni che sarà impossibile
recuperare. Ciao, Giovanni".
A partire dal 2002,
insomma, Rai e Mediaset si muovono sotto l'ombrello
dell'Editore Unico: il capo del governo e di Mediaset.
Che poi è il solo a giovarsi della situazione, risparmiando
sugl'investimenti e aumentando a dismisura i dividendi.
Gli Studios di Hollywood se ne rendono conto benissimo,
tanto che nella budget analysis per il 2003 la Paramount
descrive così la situazione italiana: .
"Con l'elezione di Silvio
Berlusconi a primo ministro, l'aspetto politico ed economico
del mondo dei media italiano è cambiato completamente.
Da allora il consiglio di amministrazione Rai e i top
manager sono un'espressione delle forze politiche dominanti
in Parlamento e del governo (e Berlusconi è il proprietario
di Mediaset), questo sta a dimostrare che Berlusconi
ora controlla tutto il panorama televisivo. I recenti
effetti di questo monopolio si sono già manifestati
visto che Rai e Mediaset stanno coordinando le loro
azioni per ridurre i costi di licenza e il volume degli
acquisti con un diretto impatto economico sulla capacità
degli Studios di piazzare il loro prodotto attraverso
pacchetti (...). Ci dobbiamo attendere che vendite e
percentuali diminuiscano nei nuovi contratti finché
la coalizione politica attuale eserciterà un così pervasivo
controllo sulle industrie televisive".
Un quadro del genere
richiederebbe l'immediato intervento dell'Antitrust.
Le e-mail delle major finite agli atti della richiesta
di rinvio a giudizio presentata dalla Procura di Milano
contro Silvio Berlusconi per i presunti falsi in bilancio
di Mediaset nell'acquisto di diritti televisivi dall'America
tramite società off-shore parlano chiaro. Produttori
e distributori affermano che "non esistono alternative
in Italia all'attuale monopolio "; che "Rai e Mediaset
in questo periodo sono sostanzialmente un unico giocatore";
che è in atto una "situazione simile a un cartello".
Per questo Giovanni Pedde aggiorna ciclicamente i superiori
di Los Angeles sull'iter della legge Gasparri (che sarà
approvata tra le polemiche nel 2004), mentre negli Studios
si discute del caso Italia: un Paese in cui - scrive
Gary Marenzi - "il primo ministro Berlusconi ha in mano
un virtuale monopolio".
Il responsabile mondiale
della divisione tv della Paramount, il 6 dicembre 2002
ne parla anche con Mark Zachary, capo dell'ufficio americano
di Mediatrade e Medusa Film: "Il lavoro sta diventando
molto più duro, e a quanto posso vedere l'Italia è proprio
un grande cartello (i miei ringraziamenti al tuo 'capo
di tutti i capi')". Ma per Zachary, che è un dipendente
di Berlusconi, la colpa è ovviamente solo del mercato:
"Mi sembra che sia Rai che Mediaset abbiano a che fare
con una riduzione delle entrate e per questo riducano
gli acquisti (quindi spingono giù i prezzi). Perfino
a noi di Medusa non mancano i problemi nella vendita
dei diritti tv".
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